Le recensioni di Carmelo Consoli
ERMELLINO MAZZOLENI
(poeta delle contrade e degli universi)
Si inizia oggi la pubblicazione di poesie del poeta bergamasco Ermellino Mazzoleni e anche di note critiche circa la sua poetica . Un autore poco conosciuto alla grande platea dei lettori nostrani e che costituisce invece un alto punto luminoso della poetica contemporanea e della cui infinita capacità di visioni e profondità mi accingo a illustrare.
Ermellino nasce come genuino e sacrale cantore delle sue terre; le valli e le contrade bergamasche, le mitiche Ca Quadre, esaminate sia nella loro esemplare quotidianità che nella loro memoria storica, nella rappresentazione arcaica e barbarica delle dimore e dei popoli presenti nel tempo, fino a farle diventare territorio mitico, leggendario, ma nel contempo vi è stata sempre in lui la tendenza a proiezioni cosmiche, a viaggi verso infiniti spazi, incontro alla originaria creazione e nel mistero del futuro.
Ma la rara bellezza della poesia di Mazzoleni non potrebbe definirsi tale se non fosse costruita attorno ad un linguaggio sorprendente sia sotto l’aspetto delle sfumature emozionali che sotto quello delle reinvenzioni metriche e lessicali.
Una parola dunque al tempo stesso carezzevole, materna, aggressiva, barbarica, risorgiva, di belato, soffio, vagito, urlo legata ad una anarchia lessicale come ad esempio l’utilizzo dei verbi intransitivi al posto dei transitivi, l’aggettivazione dei sostantivi, lo scambio dei predicati; combinazioni ardite ed originalissime di parole che esprimono lontananza, insomma dunque con una sintassi della preposizione e del periodo non sempre ortodossa.
Paradossalmente questa anarchia lessicale sfocia poi in un felice arbitrio e produce un effetto di nobilitazione semantica che portano ad un incremento delle carica emozionale dei versi, ad un poiein di particolare forza e suggestione.
Ma altre ed importanti particolarità vi sono nella poesia di Mazzoleni come il magico ricorso al numero attraverso il quale egli riesce a contrarre o dilatare a dismisura il tempo, la sua misteriosa capacità di fondersi in una simbiotica unione con terre , acqua, natura , e al sovra naturale, il tutto nelle sue infinite manifestazioni.
Infine , ma non per ultimo, la nostra attenzione si pone sul suo atteggiamento verso Dio capace egli di creare un rapporto col divino che nel tempo da esteriore manifestazione esteriore religiosa scarna e sacrale della gente delle sue valli e sulla spettacolarità degli eventi naturali, si intensifica nel tempo, accedendo sul piano personale in un intimo profondo travaglio tra dubbio e comprensione, tra adorazione e rifiuto.
Stiamo parlando dunque di una poesia sempre affascinante e misteriosa, alla quale si aderisce senza una “ratio critica” che possa rigidamente definirla ma alla quale occorre piuttosto lasciarsi andare in toto al suo peregrinare poetico, quasi a sdoppiare il proprio io nella sua misteriosa personalità e unificarsi al suo magico procedere.
(poeta delle contrade e degli universi)
Si inizia oggi la pubblicazione di poesie del poeta bergamasco Ermellino Mazzoleni e anche di note critiche circa la sua poetica . Un autore poco conosciuto alla grande platea dei lettori nostrani e che costituisce invece un alto punto luminoso della poetica contemporanea e della cui infinita capacità di visioni e profondità mi accingo a illustrare.
Ermellino nasce come genuino e sacrale cantore delle sue terre; le valli e le contrade bergamasche, le mitiche Ca Quadre, esaminate sia nella loro esemplare quotidianità che nella loro memoria storica, nella rappresentazione arcaica e barbarica delle dimore e dei popoli presenti nel tempo, fino a farle diventare territorio mitico, leggendario, ma nel contempo vi è stata sempre in lui la tendenza a proiezioni cosmiche, a viaggi verso infiniti spazi, incontro alla originaria creazione e nel mistero del futuro.
Ma la rara bellezza della poesia di Mazzoleni non potrebbe definirsi tale se non fosse costruita attorno ad un linguaggio sorprendente sia sotto l’aspetto delle sfumature emozionali che sotto quello delle reinvenzioni metriche e lessicali.
Una parola dunque al tempo stesso carezzevole, materna, aggressiva, barbarica, risorgiva, di belato, soffio, vagito, urlo legata ad una anarchia lessicale come ad esempio l’utilizzo dei verbi intransitivi al posto dei transitivi, l’aggettivazione dei sostantivi, lo scambio dei predicati; combinazioni ardite ed originalissime di parole che esprimono lontananza, insomma dunque con una sintassi della preposizione e del periodo non sempre ortodossa.
Paradossalmente questa anarchia lessicale sfocia poi in un felice arbitrio e produce un effetto di nobilitazione semantica che portano ad un incremento delle carica emozionale dei versi, ad un poiein di particolare forza e suggestione.
Ma altre ed importanti particolarità vi sono nella poesia di Mazzoleni come il magico ricorso al numero attraverso il quale egli riesce a contrarre o dilatare a dismisura il tempo, la sua misteriosa capacità di fondersi in una simbiotica unione con terre , acqua, natura , e al sovra naturale, il tutto nelle sue infinite manifestazioni.
Infine , ma non per ultimo, la nostra attenzione si pone sul suo atteggiamento verso Dio capace egli di creare un rapporto col divino che nel tempo da esteriore manifestazione esteriore religiosa scarna e sacrale della gente delle sue valli e sulla spettacolarità degli eventi naturali, si intensifica nel tempo, accedendo sul piano personale in un intimo profondo travaglio tra dubbio e comprensione, tra adorazione e rifiuto.
Stiamo parlando dunque di una poesia sempre affascinante e misteriosa, alla quale si aderisce senza una “ratio critica” che possa rigidamente definirla ma alla quale occorre piuttosto lasciarsi andare in toto al suo peregrinare poetico, quasi a sdoppiare il proprio io nella sua misteriosa personalità e unificarsi al suo magico procedere.
Da “ Mader” edito da U.C.T nel marzo 2002
Questa raccolta fa parte di una splendida trilogia di poemetti : “ Nel vento delle comete “del 1992, “Contrada della luna gobba” del 1997 ed appunto “Mader” del 2002 dove la casa di sua madre è la dimora in cui si è fatto il verbo; l’essere appena nato è diventato parola dopo essere stato mito. Risuonano nei versi echi biblici, risonanze archetipiche. L’inconscio, allo stesso tempo freudianamente individuale e junghianamente collettivo, è memoria dell’individuo e della stirpe.
Un canto contrassegnato da anarchismo e sacralità. Un poemetto di 42 canti che è un viaggio attraverso l’elaborazione di tre lutti: la perdita dell’ambiente, del dialetto materno, della madre.
La raccolta si presenta con una commistione tra lingua nazionale e idioma bergamasco e mette in luce la grande capacità del poeta di innalzare la quotidianità a mito.
Ecco tre poesie rappresentative del libro:
In chiesa portavi la gonna
ai piedi e il cappello
con la veletta, dicevi
le avemarie che odoravano cipria.
Adesso che fai, dormi nella meteora
o giochi con gli orizzonti?
In quale universo abiti?
Con i tuoi santi ortolani
o con gli arcangeli di brina?
A volte ti penso , ti dimentico
a volte. Una notte mi entrasti
nel sogno, grandinasti
la tua rude cadenza, poi
fiabasti una favola nel silenzio
Ti sono figlio, uomo e luna
sono, luna e femmina. Piovuto
di furore e dolcezza, sono dio
e demone, ho oscurità d’ eclisse,
rifletto il chiarore degli equinozi.
Insieme al tuo dialetto d’ortica
respiro la lingua di Dante
e l’idioma provenzale, odoroso
di timo, ascolto l’arpa gaelica
che risuona nelle grotte marine.
Barbaro e innocente, vivo l’attimo
con la passione dell’eterno,
come un autunno vendemmiato soffro
il vuoto di me stesso, fra i denti
d’oro spiro fiato di morte.
Se prego, madre, prego la vita
che mi ubriaca di gioia.
E’ il tempo è l’essere,
è l’alito delle cose, è
ciò che è stato e è. Mi esalta
e ammalia, è la rosa
delle rose, l’essere e il tempo,
è il dio di ogni dio.
Se prego, madre, prego la vita.
Questa raccolta fa parte di una splendida trilogia di poemetti : “ Nel vento delle comete “del 1992, “Contrada della luna gobba” del 1997 ed appunto “Mader” del 2002 dove la casa di sua madre è la dimora in cui si è fatto il verbo; l’essere appena nato è diventato parola dopo essere stato mito. Risuonano nei versi echi biblici, risonanze archetipiche. L’inconscio, allo stesso tempo freudianamente individuale e junghianamente collettivo, è memoria dell’individuo e della stirpe.
Un canto contrassegnato da anarchismo e sacralità. Un poemetto di 42 canti che è un viaggio attraverso l’elaborazione di tre lutti: la perdita dell’ambiente, del dialetto materno, della madre.
La raccolta si presenta con una commistione tra lingua nazionale e idioma bergamasco e mette in luce la grande capacità del poeta di innalzare la quotidianità a mito.
Ecco tre poesie rappresentative del libro:
In chiesa portavi la gonna
ai piedi e il cappello
con la veletta, dicevi
le avemarie che odoravano cipria.
Adesso che fai, dormi nella meteora
o giochi con gli orizzonti?
In quale universo abiti?
Con i tuoi santi ortolani
o con gli arcangeli di brina?
A volte ti penso , ti dimentico
a volte. Una notte mi entrasti
nel sogno, grandinasti
la tua rude cadenza, poi
fiabasti una favola nel silenzio
Ti sono figlio, uomo e luna
sono, luna e femmina. Piovuto
di furore e dolcezza, sono dio
e demone, ho oscurità d’ eclisse,
rifletto il chiarore degli equinozi.
Insieme al tuo dialetto d’ortica
respiro la lingua di Dante
e l’idioma provenzale, odoroso
di timo, ascolto l’arpa gaelica
che risuona nelle grotte marine.
Barbaro e innocente, vivo l’attimo
con la passione dell’eterno,
come un autunno vendemmiato soffro
il vuoto di me stesso, fra i denti
d’oro spiro fiato di morte.
Se prego, madre, prego la vita
che mi ubriaca di gioia.
E’ il tempo è l’essere,
è l’alito delle cose, è
ciò che è stato e è. Mi esalta
e ammalia, è la rosa
delle rose, l’essere e il tempo,
è il dio di ogni dio.
Se prego, madre, prego la vita.