“Nessuno parli- Una rosa e le altre” di Marina Pratici
commento critico a cura di Carmelo Consoli
Se si parte dall’assunto che un’opera letteraria sia specchio e anima dell’autore/autrice che l’ha concepita non si può che ribadire questo assioma nel leggere il bel libro di Marina Pratici . Conoscere questa poetessa e dialogare con lei è come essere investiti da una energia positiva e accattivante, da una poliedrica manifestazione della femminilità non disgiunta da doti di raffinatezza e cultura.
E così ci appare alla lettura questa silloge imperniata sulla figura della rosa nelle sue molteplici sfaccettature. - Fiore evento, sintesi, causa, oggetto di un canto/disincanto che sgorga dal cuore e dai sensi di un’autrice la quale vive in sé il tempo eterno della donna assumendone a tutto tondo i contorni della bellezza, della forza, del dolore.
E se Marina è donna nel classico aspetto di madre, figlia, sposa e amante lo è anche come icona di libertà conquistate, diritti umani rivendicati, malvagità sbandierate; fine indagatrice di società, culture, personaggi.
Leggere questo libro è come illuminarsi dell’affascinante segreto della femminilità e apprezzarne le migliori qualità ad iniziare da una disarmante sincerità e spoliazione di sé nel proporsi e nel proporre ritratti borghesi, consuetudini, affetti, memorie, angoli di mondo e umane inciviltà.
Con un linguaggio poetico estremamente articolato, a cascata, come dettato da una irrefrenabile creatività, un fraseggio che è commistione tra fulminazione poetica, dialogo, interrogazione , interruzione e ripartenza, compiacimento prosastico, esclamazione e piacevolezza di rima passa in rassegna il suo mondo ideale di personaggi, luoghi e intimità nella luce e nel profumo della rosa e delle sue spine.
Così ci appaiono in apertura, tra le altre, liriche che danno il via a una piece teatrale “Margot e le sorelle”, Sehnsucht” e “Nella casa di Endenich” e ancora “ Non ti sei accorto Mr.T.S “ dove l’eterno femminino si esalta nella sua capacità di parola accattivante, dialogica e al tempo stessa di incantamento nell’incontro con il poeta della terra desolata e nella folle genialità del compositore tedesco.
Ma è solo un piccolo assaggio di quella che sarà la fitta partitura del libro con le raffinate incursione dell’autrice nei salotti buoni della società borghese come in “Camelia Tea” dove si respira l’aria delle vecchie e rigide regole familiari, viste con pacata ironia e ribellione alle convenzioni e soprattutto con due liriche “ Penelope 2000 “ e “ Negli occhi di Monna Lisa” dove Marina si fa specchio e verità della condizione della donna nel suo itinerante viaggio terreno di gioie e dolori, amori e illusioni.
Ma la Pratici non è solo voce di sposa e amante, come già detto, ma è anche ideale di pace e sostenitrice di libertà e diritti umani e lo ribadisce nella “ Porta della pace celeste” con una felice illustrazione dei contrasti di un paese a cavallo tra mitiche bellezze e aspri toni autoritari. -C’è poi la creatrice di un sorprendente, originalissimo e raffinato connubio tra grecità classica e moderno contesto metropolitano in “ Thiasos a New York” col suo canto all’amore e vivificante erotismo.
Personalmente trovo splendide le tre poesie ritratti di culture e luoghi che vanno in successione da “ Neve di Praga” a “ Ultima danza a Linares” a “ Ballata delle isole Aran” dove la poetessa sa fondere l’atto poetico con il vedutismo, la storia, le tradizioni del territorio. - E poi ancora la cronaca, incisa a bulino, come tragica sequenza di “ Mio fratello ha smesso di parlare” sulle deportazioni naziste. -Ma ecco che ritorna il canto dell’autrice come madre, moglie, fata ballerina di sogni, magie, ricordi, per finire attraverso il dialogo con la morte e i suoi interrogativi/ enigmi nella bella “ Miss Death”.
Insomma raramente si incontra e ancora meno si legge un libro come questo scritto con sapiente maestria lirica e con un bagaglio di preziosi contenuti. - Pensato e portato a termine da una donna che è simbolo/ricerca di verità ed ideali, unicum di bellezze, amori, affetti e splendore d’anima.
E altrettanto raramente si ha a che fare con una scrittura tanto originale e articolata. Risulta premiato il fortunato lettore che si imbatte più che in una classica silloge poetica condensato di emozioni del cuore in un magico palcoscenico di attori, situazioni, eventi, ritratti, costumi, cronache e con partiture che tengono in sospeso con le loro affermazioni, interrogazioni, esternazioni e introspezioni.
Il verso poi è in libera rappresentazione, quasi sfuggito al normale processo della trasmutazione poetica, da discorsivo a fratto, da languidamente trattenuto a freneticamente rilasciato. La parola è preziosa, sempre ricercata, ad effetto, dolcemente prigioniera della rima, adornata sobriamente di coloriture ed effetti speciali di musicalità.
Insomma un testo diverso, dai soliti, cosparso da una sapiente profumata leggerezza ma anche regolato da una lingua tagliente come spada, mai toccato da sterile lirismo ma ben attento alle minime nervature del cuore e dell’anima con la sua femminile generosità. – E’ la rosa che si apre e si chiude a ricordare l’avventura umana, simbolo accattivante di sensualità, profumo, promesse ma anche con i suoi tratti di spine, le sfioriture, le decadenze.
Carmelo Consoli
commento critico a cura di Carmelo Consoli
Se si parte dall’assunto che un’opera letteraria sia specchio e anima dell’autore/autrice che l’ha concepita non si può che ribadire questo assioma nel leggere il bel libro di Marina Pratici . Conoscere questa poetessa e dialogare con lei è come essere investiti da una energia positiva e accattivante, da una poliedrica manifestazione della femminilità non disgiunta da doti di raffinatezza e cultura.
E così ci appare alla lettura questa silloge imperniata sulla figura della rosa nelle sue molteplici sfaccettature. - Fiore evento, sintesi, causa, oggetto di un canto/disincanto che sgorga dal cuore e dai sensi di un’autrice la quale vive in sé il tempo eterno della donna assumendone a tutto tondo i contorni della bellezza, della forza, del dolore.
E se Marina è donna nel classico aspetto di madre, figlia, sposa e amante lo è anche come icona di libertà conquistate, diritti umani rivendicati, malvagità sbandierate; fine indagatrice di società, culture, personaggi.
Leggere questo libro è come illuminarsi dell’affascinante segreto della femminilità e apprezzarne le migliori qualità ad iniziare da una disarmante sincerità e spoliazione di sé nel proporsi e nel proporre ritratti borghesi, consuetudini, affetti, memorie, angoli di mondo e umane inciviltà.
Con un linguaggio poetico estremamente articolato, a cascata, come dettato da una irrefrenabile creatività, un fraseggio che è commistione tra fulminazione poetica, dialogo, interrogazione , interruzione e ripartenza, compiacimento prosastico, esclamazione e piacevolezza di rima passa in rassegna il suo mondo ideale di personaggi, luoghi e intimità nella luce e nel profumo della rosa e delle sue spine.
Così ci appaiono in apertura, tra le altre, liriche che danno il via a una piece teatrale “Margot e le sorelle”, Sehnsucht” e “Nella casa di Endenich” e ancora “ Non ti sei accorto Mr.T.S “ dove l’eterno femminino si esalta nella sua capacità di parola accattivante, dialogica e al tempo stessa di incantamento nell’incontro con il poeta della terra desolata e nella folle genialità del compositore tedesco.
Ma è solo un piccolo assaggio di quella che sarà la fitta partitura del libro con le raffinate incursione dell’autrice nei salotti buoni della società borghese come in “Camelia Tea” dove si respira l’aria delle vecchie e rigide regole familiari, viste con pacata ironia e ribellione alle convenzioni e soprattutto con due liriche “ Penelope 2000 “ e “ Negli occhi di Monna Lisa” dove Marina si fa specchio e verità della condizione della donna nel suo itinerante viaggio terreno di gioie e dolori, amori e illusioni.
Ma la Pratici non è solo voce di sposa e amante, come già detto, ma è anche ideale di pace e sostenitrice di libertà e diritti umani e lo ribadisce nella “ Porta della pace celeste” con una felice illustrazione dei contrasti di un paese a cavallo tra mitiche bellezze e aspri toni autoritari. -C’è poi la creatrice di un sorprendente, originalissimo e raffinato connubio tra grecità classica e moderno contesto metropolitano in “ Thiasos a New York” col suo canto all’amore e vivificante erotismo.
Personalmente trovo splendide le tre poesie ritratti di culture e luoghi che vanno in successione da “ Neve di Praga” a “ Ultima danza a Linares” a “ Ballata delle isole Aran” dove la poetessa sa fondere l’atto poetico con il vedutismo, la storia, le tradizioni del territorio. - E poi ancora la cronaca, incisa a bulino, come tragica sequenza di “ Mio fratello ha smesso di parlare” sulle deportazioni naziste. -Ma ecco che ritorna il canto dell’autrice come madre, moglie, fata ballerina di sogni, magie, ricordi, per finire attraverso il dialogo con la morte e i suoi interrogativi/ enigmi nella bella “ Miss Death”.
Insomma raramente si incontra e ancora meno si legge un libro come questo scritto con sapiente maestria lirica e con un bagaglio di preziosi contenuti. - Pensato e portato a termine da una donna che è simbolo/ricerca di verità ed ideali, unicum di bellezze, amori, affetti e splendore d’anima.
E altrettanto raramente si ha a che fare con una scrittura tanto originale e articolata. Risulta premiato il fortunato lettore che si imbatte più che in una classica silloge poetica condensato di emozioni del cuore in un magico palcoscenico di attori, situazioni, eventi, ritratti, costumi, cronache e con partiture che tengono in sospeso con le loro affermazioni, interrogazioni, esternazioni e introspezioni.
Il verso poi è in libera rappresentazione, quasi sfuggito al normale processo della trasmutazione poetica, da discorsivo a fratto, da languidamente trattenuto a freneticamente rilasciato. La parola è preziosa, sempre ricercata, ad effetto, dolcemente prigioniera della rima, adornata sobriamente di coloriture ed effetti speciali di musicalità.
Insomma un testo diverso, dai soliti, cosparso da una sapiente profumata leggerezza ma anche regolato da una lingua tagliente come spada, mai toccato da sterile lirismo ma ben attento alle minime nervature del cuore e dell’anima con la sua femminile generosità. – E’ la rosa che si apre e si chiude a ricordare l’avventura umana, simbolo accattivante di sensualità, profumo, promesse ma anche con i suoi tratti di spine, le sfioriture, le decadenze.
Carmelo Consoli